Reinserimento e integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro

Alcuni opuscoli realizzati da INAIL in occasione della campagna “Con Inail, ricomincio dal mio lavoro”, sul reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro, che contengono una sintesi delle misure di sostegno proposte dall’Istituto.

L’Inail garantisce supporto ai propri assistiti vittime di infortunio o malattia professionale per la continuità lavorativa o per l’inserimento in una nuova occupazione attraverso la realizzazione di progetti personalizzati di reinserimento lavorativo. Disponibili per i datori di lavoro finanziamenti a fondo perduto fino a un massimo di euro 150.000,00 per interventi di adeguamento degli ambienti e delle postazioni di lavoro e azioni formative mirate alla riqualificazione professionale dei lavoratori infortunati.

Per favorire l’accesso ai finanziamenti, l’Istituto ha da tempo semplificato l’iter e le procedure di attivazione degli interventi, snellendo l’iter a carico dei datori di lavoro e promuovendo campagne di sensibilizzazione per rendere maggiormente note le misure per il reinserimento lavorativo delle persone con disabilità da lavoro.

Per l’edizione 2022 della campagna di comunicazione sono stati realizzati due opuscoli informativi e due brochure, dedicati rispettivamente ai lavoratori e ai datori di lavoro, che illustrano gli interventi previsti dall’Inail e forniscono una serie di indicazioni utili:

  • chi sono i destinatari delle misure adottate dall’Inail, sia in caso di conservazione del posto di lavoro sia in caso di nuova occupazione;
  • quali interventi è possibile realizzare con i finanziamenti;
  • quali sono i contributi messi a disposizione e come è possibile accedervi;
  • notizie di interesse per lavoratori e per datori di lavoro.

Fonte: INAIL

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La necessità di un rilancio della prevenzione nei luoghi di lavoro

La prevenzione sui luoghi di lavoro richiede costanti collaborazioni, sinergie, in una logica di sistema: si basa sulla graduale diffusione della cultura della sicurezza (e della legalità) che dovrebbe permeare il mondo del lavoro e più in generale la nostra società.

Non un concetto astratto, bensì un processo continuo che si realizza grazie ad una serie di obiettivi perseguibili attraverso azioni precise e diffuse, che includono:

  • l’informazione, la comunicazione, la formazione dei vari soggetti coinvolti, sia nel modo del lavoro sia nelle istituzioni competenti;
  • un sistema normativo, e di regole, certo e coordinato;
  • il controllo e la vigilanza, ma anche l’assistenza e la consulenza ai lavoratori e alle imprese specie se di piccole dimensioni, che rappresentano il tessuto produttivo largamente prevalente nel nostro Paese;
  • le misure risolutive adottabili che possono riguardare: le modalità produttive, i rapporti di lavoro, l’organizzazione del lavoro, la frammentazione delle imprese, il ricorso a processi di esternalizzazione sempre più spinti, la concentrazione e distribuzione dei rischi, misure anche economiche di aiuto/incentivazione.

In Italia, i principali (anche se non unici) indicatori delle conseguenze del lavoro sulla salute sono gli infortuni e le malattie professionali. Gli infortuni, come purtroppo stiamo registrando proprio in questi ultimi tempi, rimangono su livelli assolutamente rilevanti e sempre meno accettabili; per quanto riguarda le malattie professionali, conosciamo solo la punta emergente di un fenomeno di dimensioni complessivamente non perfettamente note.

Con l’avanzare di nuove modalità produttive ed organizzative che rendono sempre più diffuse forme di lavoro flessibile ed anche, purtroppo ancora spesso, irregolare, si hanno importanti impatti sulla salute, oltre che con gli infortuni che costituiscono la parte più evidente e misurabile, con vere e proprie patologie da lavoro, incluso il disagio o l’assenza di benessere psico-fisico. Fenomeni da esplorare attentamente che richiedono al sistema un salto di qualità, a cominciare proprio dalle modalità di registrazione ed analisi.

L’azione per una miglior conoscenza ed una più efficace prevenzione delle cause determinanti di tutte le patologie “work-related” è una sfida per l’intero sistema di prevenzione a cominciare dal “sistema salute”, attraverso il coinvolgimento dei medici di medicina generale, che, come la loro carta dei servizi sancisce con una sintesi molto efficace, sono chiamati a promuovere e salvaguardare la salute, in un rapporto di reciproca fiducia e rispetto, di tutti i cittadini.

I datori di lavoro, i responsabili e gli addetti al servizio di prevenzione e protezione vengono ad avere un ruolo determinante nelle varie fasi di valutazione e gestione dei rischi presenti nell’ambiente di lavoro e rappresentano, occorre rimarcarlo, un anello peculiare nel sistema di prevenzione aziendale in quanto soggetti di riferimento nei rapporti tra le varie figure che concorrono al “sistema prevenzione”. Mi auguro che trovi, quindi, pieno compimento la riorganizzazione del sistema formativo nazionale per la salute e sicurezza nel lavoro, con una ricomposizione organica ed efficace dei vari accordi intervenuti nel tempo, a cominciare da una omogenea e trasparente registrazione dell’avvenuta formazione ed addestramento.

 

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La prevenzione incendi e la reazione al fuoco dei materiali

Riprendiamo innanzitutto la definizione di “reazione al fuoco” contenuta nel Codice di prevenzione incendi:

  • La reazione al fuoco è una misura antincendio di protezione passiva che esplica i suoi principali effetti nella fase iniziale dell’incendio, con l’obiettivo di limitare l’innesco dei materiali e la propagazione dell’incendio. Essa si riferisce al comportamento al fuoco dei materiali nelle effettive condizioni d’uso finali, con particolare riguardo al grado di partecipazione all’incendio che essi manifestano in condizioni standardizzate di prova”.

 

Dunque la reazione al fuoco di un materiale consente, in relazione all’effettuazione di specifici test, di determinare “se il materiale è in grado di ritardare lo sviluppo dell’incendio”, scongiurandone o almeno rallentandone la propagazione.

In conseguenza di questa determinazione “alcuni materiali posseggono caratteristiche tali da poter essere installati lungo i percorsi d’esodo, mentre altri possono essere installati unicamente negli ambienti interni”. E “il comportamento al fuoco, nelle reali condizioni di applicazione, dei prodotti da costruzione viene testato nei laboratori autorizzati” (nel documento è presente un link che rimanda all’elenco di tali laboratori), determinando la classe di reazione al fuoco.

 

A questo proposito si sottolinea che l’impiego di prodotti da costruzione “con un’idonea classe di reazione al fuoco:

  • riduce la velocità di propagazione dell’incendio;
  • limita l’eventualità che l’incendio coinvolga altri materiali combustibili presenti;
  •  a disposizione per gli occupanti”.

La pubblicazione Inail si sofferma poi sulle prove e sulle caratteristiche di materiali e prodotti analizzate nei test.

 

Con riferimento alle prove europee, “le caratteristiche di reazione al fuoco sono definite a seconda dei metodi di prova utilizzati che verificano, in funzione del metodo specifico, le seguenti caratteristiche:

  • durata dell’incendio;
  • perdita di massa;
  • aumento della temperatura;
  • potere calorifico superiore;
  • tendenza a produrre gocce infiammate/accese;
  • calore totale rilasciato e la velocità di rilascio;
  • tendenza a produrre fumi densi e opachi;
  • propagazione della fiamma lungo il campione di prova”.

Concludiamo segnalando che il documento, Inail presenta in appendice anche un esempio di Certificato di Prova e riporta indicazioni sul sistema di classificazione di reazione al fuoco di cui alla norma EN 13501-6 e la descrizione delle prove UNI 8547 e UNI 9174.

 

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Individuazione del Preposto: le novità introdotte dalla Legge n. 215/2021

Le novità apportate dalla legge n. 215/2021 al Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro – con il DL 146/2021 – hanno ridefinito in modo importante nomina, ruolo e obblighi del preposto.

La prima novità riguarda l’articolo 18 del D.Lgs. 81/08 (obblighi del datore di lavoro e del dirigente), dove viene introdotta la lettera b-bis relativa alla figura del preposto.

Nello specifico, tale integrazione prevede che datore di lavoro e dirigenti debbano:

individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19. I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività“.

Ciò introduce, dunque, due tematiche sostanziali. Innanzitutto, a carico del datore di lavoro viene aggiunto l’obbligo penalmente sanzionato di nominare formalmente il preposto (o i preposti). Su questo argomento, sebbene siano attesi aggiornamenti che possano far luce sulla normativa, riteniamo (anche a seguito di un confronto con alcuni funzionari di enti di controllo) che non vi sia necessità di nominare ora il preposto per le attività che, in considerazione della loro struttura organizzativa, non lo abbiano ancora individuato.

Altro tema caldo è rappresentato dalla possibilità di prevedere un compenso per lo svolgimento delle attività del preposto (con gli obblighi che sono anche aumentati: ne parliamo nel prossimo paragrafo). Come specificato nella Nota di Confindustria, il rischio è che – di conseguenza – questo incarico possa ritenersi professionalizzante. Mentre, per definizione, il preposto è un lavoratore che, in base alle competenze e ai poteri gerarchici e funzionali, sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione.

Di particolare interesse è anche l’ampliamento dell’azione del preposto, soprattutto al verificarsi di condizioni di insicurezza che riguardano aspetti comportamentali dei lavoratori, idoneità dei mezzi e delle attrezzature.

Alla luce delle recenti novità, insomma, il preposto assume un ruolo di primaria delicatezza e di assoluta centralità, al fianco di datore di lavoro e dirigente.

 

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Riduzione e divieto d’immissione sul mercato di prodotti in plastica monouso

Con il Decreto Legislativo n.196/2021, in vigore dal 14 gennaio 2022 sono state definite le modalità per la riduzione dell’immissione sul mercato, e per il totale divieto per alcune tipologie, di prodotti in plastica monouso.

Il D.Lgs.196/2021 definisce diversi obblighi e disposizioni per le varie tipologie di prodotti in plastica In base all’art.3 co.1 lett.b) del decreto, si definisce come prodotto in plastica monouso “un prodotto realizzato interamente o parzialmente in plastica, ad eccezione del prodotto realizzato in polimeri naturali non modificati chimicamente, e che non è concepito, progettato o immesso sul mercato per compiere, nel corso della sua durata di vita, più spostamenti o rotazioni per essere restituito a un produttore per la ricarica o per essere comunque riutilizzato per lo stesso scopo per il quale è stato concepito”.

Il decreto fa salve le disposizioni in materia di igiene e sicurezza degli alimenti e di MOCA (materiali a contatto con gli alimenti, compresi quelli in plastica riciclata), norme che riguardano i requisiti generali e specifici che devono rispettare i materiali degli oggetti destinati ad entrare in contatto con gli alimenti. Il D.Lgs. 196/2021 riguarda in generale l’utilizzo di prodotti in plastica monouso nel senso di una loro incisiva riduzione, mentre non incide sulla normativa relativa alle tecniche di produzione dei MOCA, ma coinvolge comunque il settore alimentare perché impone un generalizzato divieto e/o riduzione dell’utilizzo di plastica monouso sia “tal quale” che “riempita” dal “produttore”.

Cosa intende per “produttore” il D.Lgs. 196/2021?

Intende per «produttore»:

1) la persona fisica o giuridica stabilita in uno Stato membro che fabbrica, riempie, vende o importa a titolo professionale, a prescindere dalla tecnica di vendita, anche attraverso contratti a distanza (e-commerce) ed immette sul mercato nazionale prodotti di plastica monouso o prodotti di plastica monouso riempiti o attrezzi da pesca contenenti plastica, diverse dalle persone che esercitano l’attività di pesca (di cui all’ articolo 4, punto 28), del Regolamento (UE) 1380/2013); ovvero

2) la persona fisica o giuridica stabilita in uno Stato membro o in un Paese terzo che a titolo professionale vende in un altro Stato membro direttamente a nuclei domestici, o a utenti diversi dai nuclei domestici, tramite contratti a distanza (e-commerce), prodotti di plastica monouso, prodotti di plastica monouso riempiti o attrezzi da pesca contenenti plastica, a eccezione delle persone che esercitano l’attività di pesca, come sopra definita.

Sanzioni

Il decreto prevede le seguenti sanzioni, applicate dalla Provincia in cui è commessa la violazione:

  • Non rispetto del divieto d’immissione sul mercato previsto dall’art.5: sanzione da 2.500 a 25.000 euro
  • Messa sul mercato di prodotti non conformi all’art.6: sanzione da 2.500 a 25.000 euro
  • Messa sul mercato di prodotti senza marcatura, non conformi all’art.7: sanzione da 2.500 a 25.000 euro
  • Non partecipazione ai sistemi di responsabilità estesa dei produttori, se non sanzionata ai sensi del D.Lgs.152/06: sanzione di 5.000 euro

Se vengono commesse più violazioni diverse o se la stessa violazione viene commessa più volte, si applica la sanzione per la violazione più grave, aumentata fino al doppio. Questo anche per violazioni ripetute nel tempo.

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Sicurezza sul lavoro: quali sono le novità del decreto legge fiscale?

Il decreto legge fiscale riporta diverse misure per il rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Le modifiche al Testo Unico, la sospensione dell’attività imprenditoriale, la vigilanza e il SINP.

Il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri ricorda che è stato approvato un decreto legge recante “misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”.

L’obiettivo – continua il Comunicato – è quello di “incentivare e semplificare l’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di un maggiore coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle disposizioni per assicurare la prevenzione”. E pertanto – considerando l’organizzazione della normativa in Italia in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – il provvedimento “interviene, in primo luogo, con modifiche al Decreto legislativo 81/2008”.

Si segnala che “cambiano le condizioni necessarie per l’adozione del provvedimento cautelare della sospensione dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni: 10% e non più 20% del personale ‘in nero’ presente sul luogo di lavoro. Non è più richiesta alcuna ‘recidiva’ ai fini della adozione del provvedimento che scatterà subito a fronte di gravi violazioni prevenzionistiche. La nuova disciplina del provvedimento cautelare prevede altresì l’impossibilità, per l’impresa destinataria del provvedimento, di contrattare con la pubblica amministrazione per tutto il periodo di sospensione”.

Infatti nel caso in cui vengano accertate gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, è prevista, come già anticipato, “la sospensione dell’attivitàanche senza la necessità di una reiterazione degli illeciti. Per poter riprendere l’attività produttiva è necessario non soltanto il ripristino delle regolari condizioni di lavoro, ma anche il pagamento di una somma aggiuntiva di importo variabile a seconda delle fattispecie di violazione. L’importo è raddoppiato se, nei cinque anni precedenti, la stessa impresa ha già avuto un provvedimento di sospensione”.

Riguardo alla vigilanza “sono estese le competenze di coordinamento all’INL – Ispettorato Nazionale del Lavoro – negli ambiti della salute e sicurezza del lavoro”.

Si parla poi finalmente del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro ( SINP), per il quale “si punta a una definitiva messa a regime e a una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute”.

Inoltre gli organi di vigilanza “sono tenuti ad alimentare un’apposita sezione della banca dati, dedicata alle sanzioni applicate nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei luoghi di lavoro. Mentre l’INAIL dovrà rendere disponibili alle Aziende sanitarie locali e all’Ispettorato nazionale del lavoro i dati relativi alle aziende assicurate e agli infortuni denunciati”.

 

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Abolire gli incidenti, non l’alternanza

La morte del giovane Lorenzo Parelli non può ridursi alla solita divisione all’italiana tra fautori dell’alternanza scuola-lavoro e chi vorrebbe, invece, abolirla. Pensare di risolvere il problema degli incidenti sul lavoro eliminando i progetti di alternanza, è semplicemente assurdo, perché il vero nodo è come garantire sicurezza, non cancellare percorsi didattici e professionali che costituiscono elementi positivi del sistema scolastico italiano. La tragedia di Lorenzo è ancora più dolorosa perché la vittima è uno studente, un ragazzo che era lì per imparare, per apprendere competenze, per costruire il proprio futuro: quel futuro che gli è stato negato, quel futuro che i percorsi di alternanza aiutano a realizzare a migliaia di giovani nelle scuole di tutta Europa. Il nostro dovere non è allontanare le scuole dal mondo del lavoro, il nostro dovere è garantire assoluta sicurezza nelle scuole e nel mondo del lavoro.

Il problema, infatti, è che in Italia si continua a morire di lavoro per mille motivi: si muore perché si rovescia il cassone del camion, si muore per esalazioni venefiche, si muore per non aver prestato attenzione in situazioni che ci sembrano abitudinarie e scontate, si muore per colpa di macchinari che non funzionano o che sono stati manomessi, si muore perché si cade da altezze elevate e così via, e in questo triste elenco di cause e luoghi diversi, c’è indubbiamente un comune denominatore: nella nostra Italia fa fatica a imporsi, a diventare patrimonio comune di tutti, un’autentica cultura della sicurezza sul lavoro. Potremmo elevare sanzioni e pene, potremmo mettere carabinieri ovunque, ma se non si capisce che, in qualunque posto di lavoro, la priorità non è terminare velocemente un manufatto o ottenere più reddito possibile da un servizio, ma è la sicurezza, tutto sarà inutile. I dati Inail e anche quelli di centri indipendenti, ci dicono che la maggior parte degli incidenti sul lavoro avvengono in quelle realtà più piccole, meno strutturate: è lì che dobbiamo puntare la nostra attenzione, attraverso incentivi e supporti che possano far crescere la sicurezza anche nella piccola o nella micro-impresa. Al tempo stesso, dobbiamo moltiplicare gli sforzi affinché agli studenti che entrano nei percorsi di alternanza sia offerta non solo quella sicurezza che deve essere garantita a tutti, ma un plus di condizioni ancor più sicure, pensando innanzitutto alla loro condizione di studenti senza esperienza nella vita di fabbrica.

 

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Il rischio da sostanze pericolose per acconciatori ed estetiste

Informare e supportare le piccole e medie imprese nell’opera di prevenzione del rischio di infortuni e malattie professionali, è uno degli obiettivi della mission dell’Inail al fine di tutelare la salute e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori. Disponibile e scaricabile gratuitamente dal portale dell’Istituto, l’opuscolo “Il rischio da sostanze pericolose per acconciatori ed estetisti” è stato realizzato dall’Inail, in qualità di Focal Point Italia dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), e dal Network nazionale, nell’ambito della precedente campagna europea promossa da Eu-Osha “Salute e sicurezza negli ambienti di lavoro in presenza di sostanze pericolose”.

Con una serie di approfondimenti rivolti sia agli acconciatori che alle estetiste, il testo presenta una panoramica sulle sostanze pericolose che possono provocare rischi professionali. Tra i pericoli indicati, il contatto con agenti irritanti che possono essere contenuti in shampi, decoloranti, solventi, tinture, lozioni, creme e smalti o anche l’esposizione a vapori di ammoniaca, acqua ossigenata, solventi. Il testo inoltre distingue tra gli effetti irritanti e sensibilizzanti che possono incidere sull’apparato respiratorio e sulla pelle in grado di provocare, tra l’altro, asma e dermatite.

Molto argomentata la sezione dedicata alla prevenzione che offre utili informazioni agli operatori del settore sui comportamenti da osservare, come ad esempio: acquistare prodotti conformi alla normativa europea; definire le modalità di impiego dei prodotti; limitare il tempo di esposizione; garantire una buona ventilazione dell’ambiente; adottare corrette misure igieniche nel luogo di lavoro; leggere etichette e composizione delle sostanze e delle miscele; utilizzare i dispositivi di protezione individuale (DPI) marcati CE (guanti, mascherine, occhiali protettivi, visiere) come previsto dal documento di valutazione dei rischi (DVR); osservare corrette misure di igiene personale nel contesto professionale come il lavaggio delle mani.

 

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COVID-19 e obbligo vaccinale: quali sono le novità dei nuovi decreti-legge?

In queste settimane, caratterizzate dalle festività legate al Natale e al passaggio al nuovo anno, si sono susseguite le notizie preoccupanti relative all’ondata della variante Omicron del virus SARS-CoV-2. E per contenere il diffondersi del COVID-19 – nei giorni scorsi sono stati ampiamente superati i 200.000 nuovi casi giornalieri – il Governo ha approvato vari decreti-legge con nuove norme e indicazioni, anche per il mondo del lavoro.

Con questo decreto-legge, non solo è stata prevista la proroga dello stato di emergenza e delle misure per il contenimento dell’epidemia da COVID-19 al 31 marzo 2022, ma si sono introdotti diversi nuovi obblighi, ad esempio con riferimento all’obbligo di indossare le mascherine all’aperto, anche in zona bianca e in particolare si indica l’obbligo di usare dispositivi di protezione di tipo FFP2.

Dunque il decreto (art.4-quater, comma 1, inserito nel DL 44/2021) introduce fino al 15 giugno 2022 un obbligo vaccinale per tutti coloro che hanno compiuto i 50 anni.

La normativa indica poi che per i lavoratori pubblici e privati con 50 anni di età sarà necessario il green pass rafforzato – rilasciato a vaccinati e guariti dal COVID-19 – per l’accesso ai luoghi di lavoro dal 15 febbraio 2022.

I lavoratori che non saranno in grado di presentare la certificazione COVID richiesta, “nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 di cui al comma 1 o che risultino privi della stessa al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati” (art.4-quinquies, comma 4, inserito nel DL 44/2021).

 

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